Dolcetti e scherzettiChe festa inutile. Bella commerciale, fatta per spillare soldi alla povera gente. Colpa di questa società, sempre a guardare cosa fanno gli americani. Voglio dire, non abbiamo abbastanza feste di per noi? Uno schifo.
Invece i miei ragazzi vogliono festeggiare. Certo, che male c’è, a festeggiare? Perché allora non festeggiamo la giornata degli FSM? Non ha la stessa dignità? Eh? Eh?
E intanto che mi sgolo, sono già pronti. Che volete, sono il Monstrous Hotel, son fatto di camere e corridoi, mica posso impedirglielo.
Adesso son tutti assiepati nella hall, Carminio che guarda i preparativi da dietro il bancone, con quel sorriso da gatto sul muso da gatto.
Secco balbetta tra i denti di scheletro, Katrina è entusiasta anche se dalle occhiaie viola in quel volto pallido cadavere non si direbbe. Straccio con le due mani di lenzuolo sopra la testa di lenzuolo vaga in pena. Mostro è impegnato ad osservare sé stesso allo specchio. Insomma tutto normale.
Bussano alla porta: toc toc.
Cala il silenzio, e l’immobilità, come se si fosse congelato il tempo.
I miei ragazzi, dei tipi dai nervi saldi.
Occhi si guardano sconvolti. Chi ha gli occhi.
Poi la vocina da fuori: “Dolcetto o scherzetto?”
Così si scatena il panico: parte Secco, ballonzola le sue ossa in bella vista verso la scala. Seguono Straccio, Aigor, Vamp, e gli altri. Grem almeno, schizzando qua e là acchiappa Katrina per un piede e se la trascina su per le scale. E poi, silenzio.
La porta si scosta, una voce da Titti di Silvestro: “C’è nessuno?”
Gli occhi di Carminio si affilano come un gatto che

a il topo. Entra una bambina, tutta testa, occhioni azzurri e caschetto biondo. Gambine e braccine spuntano da una federa che ha addosso, il volto dipinto di bianco. In mano un sacchettino.
Fa due passi dentro, guarda in giro e fa: “Uuuh!”
Carminio tenta di sparire dietro il banco. Ma lei lo vede, gli occhioni si accendono di meraviglia, trotterella da lui: “Ciao! Io sono Valen… un fantasma. Uuuh!” agita le manine e sorride.
Carminio lancia uno sguardo al cielo, sbuffa e si affaccia dal bancone: “Bel fantasma. Travestimento accurato, sì.”
Il sorriso diventa dubbio: “Davvero?”
“No. Però potresti migliorarlo se sparissi, come un fantasma.”
Lei si gira e mette il broncio, sussurra: “Non gli è piaciuto.” Poi gli occhioni cucciolosi si accendono di pucciosa gioiosità: “Caramelle!”
Si china a raccogliere un confetto incartato, schizzato via dalle tasche di Katrina.
La frugoletta pacioccosa si allunga a prenderne un’altra, va a quella dopo, segue la pista delle caramelle e sale le scale.
Prende il corridoio, con il sorriso di innocente zuccherosità: “Oh, quante porte.” poi: “E chissà quanti dolcetti!”
Si ferma dalla 103. Bussa e annuncia: “Dolcetto o scherzetto?”
Da dentro risponde Aigor, con la sua voce da rivenditore di bare: “Sei tu, la bambina?”
“Sì. No! Sono un fantasma, uuuh!”
Si spalanca la porta, dentro è buio. La pargoluccia caramellosa allunga la testa: “Oh! Che paura.” Poi, cauta, fa un passo, due.
Una luce soffusa si accende dietro Aigor. Si vede appena ma si intuisce la sua statura di un metro e un tappo, a corona. La testa a forma di pallone da rugby per traverso. Il vestito da beccamorto, che necroforo è troppo moderno. Il colorito da mozzarella rancida, i baffetti, lo sguardo vitreo. Si spaccia per maggiordomo cattivo. Serve un maggiordomo in un hotel? Appunto.
Sorride con un angolo della bocca: “Vuoi entrare in questa stanza, vecchia e buia, con me? Da sola?”
Lei lo guarda ammirata: “Oh, no! Vorrei solo delle caramelle, se le ha.”
Affila lo sguardo: “Sciocchezze, e questo lo prendo io, ah ah!” e le strappa il sacchetto di mano.
Fa una smorfia di disgusto, infila la mano e tira fuori un orsetto gommoso. Spalanca gli occhi: “Ma questo, è un orsetto, come con mamma, alla fiera.”
Spalanca anche la bocca: “E una caramella all’orzo, come una volta! Anche il lecca lecca a spirale! Quanti ne ho mangiati da piccolo!”
Sorriso pieno, occhi gonfi: “Che belle, queste caramelle!”
Come al solito si è fatto contagiare dall’allegria. È proprio inutile come un maggiordomo in un hotel.
La bambolina coccolina lo sta fissando: “Bene. Ma, ne hai delle altre, di caramelle? Per me?”
La voce aumenta di cento ottave: “Oddio!” si spiaccica una mano sulla fronte: “Non mi sono preparato! Aspetta qui, vado a cercarne.”
“Sì sì.”
Aigor si fionda nel buio. La giovincella cuore di panna fa un passo indietro: “Fai con calma!” Un altro passo, oltre la soglia, si allunga alla maniglia e chiude.
Si gira indietro. Per un istante gli occhi si aggrottano, la voce esce roca: “Coglione.”
Poi torna sorridente, ogni poro sprizza gioia zuccherina, e si avvia per il corridoio.
Ehi, che le è successo?
Trotterella un po’ avanti e viene attratta dai bagliori degli esperimenti del Doc, da sotto la porta della 119. Da dentro vengono stridori, bzzzap, bzzzot, e la risata di Doc: “Mhuohohoho!”
Bussa: “Dolcetto o scherzetto?”
Dentro passi: “Ah! Di pikkola pampina di essere kui, ja!”
La porta si spalanca, dietro il Doc, allampanato nel camice, la testa con la fronte prominente a forma di vaso di fiori, con i due ciuffi di capelli sulle orecchie a spuntare come piante.
Dietro gli occhiali spessi balenano occhietti vispi, di chissà cosa, tutto il resto è rughe e ancora rughe, rughe ovunque. Si frega le mani nei grossi guanti di gomma nera: “Tu, di pikkola di pampina ja! Entrare e di asistere mia krante invenzione! Io di fare di skerzeto a te!”
“Forte!”
Entrano. Mezza sala è occupata da scatoloni di metallo pieni di tubi e fili, cilindri e ampollone piene di liquido blu ribollente, vibrazioni, cavi, cigolii, sbuffi, borbottare e calore e scintille. Luce azzurra da strumenti e fluidi.
La piccolina tenerosa avanza al centro, stringe forte il sacchetto.
Il Doc esclama: “Di spektacolo avere inizio!” Tira una leva, delle catene cigolano, dall’alto cala un lettino, coperto di un involucro di metallo della forma di un grosso corpo umano.
Finalmente combinerà qualcosa. Non ricordo quando sia entrato, ma non mi risulta abbia mai prodotto alcunché.
Sbuffano fumi, che ammantano tutto di luminescenza arancio, il Doc tira un’altra leva: “Ora!” una sfera con un puntale proietta una scarica scoppiettante sul lettino. La bimbina gioiosina fa un salto: “Ah!”
Il Doc esulta: “Di essere compiuto!”
L’involucro sbuffa e inizia a sollevarsi. Da sotto un pallore, e un mugugno come di una gola: “Hmmm.”
Il Doc allunga la mano a prendere dal piano una caramella tonda. Pure incartata, una cosa fatta per bene.
Sorride, allunga le dita verso la piccolina incredulina: “Tolcetto, ja.”
Lei libera il sacchetto, lo porge e le dita ci lasciano cadere la caramella. “Grazie.” dice incerta.
Il Doc gonfia il petto. Trent’anni per fare una caramella. Speriamo non gliene chieda un’altra. Invece lei sorride: “Bene, ciao.” cammina all’indietro, supera la porta e la chiude.
Di nuovo voce roca: “Bello stronzo pure questo!”
L’ho vista! Ha fatto il dito medio. Adesso trottola svolazzando iperglicemica, ma l’ho vista, un istante fa.
Torna indietro, si guarda intorno. Sceglie la 105. Bussa, ancora vocina da cardellino con un laccio alle gonadi: “Dolcetto o scherzetto?”
Da dentro
clang clang, poi la voce di straccio: “Eccola, è già qui.”
Secco: “Va-va… va-va… va-vai tu ad aprire.”
“Non me la sento, sono troppo giù.”
“Ma-ma… ma-ma… che dici?”
“Vai tu, no?”
“I-io? Fo-fo… fo-fossi matto! E se-se… E se-se… E se-se…”
“E se ci mandiamo Latta?”
Di nuovo
sbeng sbang, Latta ci sta provando. Ma gli manca la testa e con quella gli occhi. C’è qualche difficoltà tecnica.
La frugoletta confettosa abbassa le braccia, bocca spalancata: “Ma…” Poi stringe i pugni e batte un piede. Si gira e guarda in alto. Il volto stravolto dalla tensione, la voce torna diabolica: “Che razza di cagate sono queste?”
Diabolica. Occa…! Stupido, altro che Halloween! Dovevo arrivarci!
Infatti, il volticino diventa scuro, un vento bruciante sale dal basso, colora le ombre di rosso, i capelli svolazzano. Le mani si serrano: “È questo quello che fai? Questo è il modo di terrorizzare i bambini?”
La voce ormai è la sua, Lucifero parla per bocca della bimba, suo emissario.
Cacca cacca cacca! Lo sapevo che sarebbe tornato! Lui vuole vedere i miei ragazzi cattivi, morte urla terrore raccapriccio. E lo spettacolo è stato da baraccone.
“Un bel baraccone, sì, che adesso farà la fine che si merita!”
Cacca cacca cacca! Dai no non fare così, dacci un’altra…
“Cosa? Questa era la tua possibilità! Adesso altro che cacca!” Alza i palmi in alto, comincia a uscire fumo, poi scaturiscono fiamme: “Nel nome del signore delle tenebre, io ti purifico con le fiamme dell’infer…”
Bom! La 105 si spalanca e la prende in pieno, il corpo scaraventato avanti, la tempia sbatte contro il tavolino sul muro di fronte, cade inerte. La luce torna normale, il vento sparisce, niente fiamme.
Cacca cacca cacca! Da dentro esce Latta, ballonzola scomposto, gira sulla soglia poi torna dentro.
Culo culo culo! ‘Sta volta è andata di lusso! Ogni tanto un po’ di culo.
Presto, chiamo Liliya. Arriva dal corridoio, un metro e novanta per centocinquanta chili di carne purtescente morta da dieci anni, con divisa, grembiulino e fazzoletto da donna di servizio ucraina. Agita lo spolverino e tuona con la voce da Bruto di Braccio di ferro: “Cosa essere questo disordine? Pulizia, ci volere pulizia, da!” Prende in spalla la bambina. Brava, portala molto, molto, molto lontano. Nemmeno lui la dovrà più trovare.
